La meditazione di consapevolezza nasce in oriente e ha origini molto antiche.
Da alcuni anni è entrata nel linguaggio comune anche in occidente, dopo che vari studi hanno cominciato a dimostrare l’importanza di questa pratica per il benessere psicofisico.
Il Dalai Lama collabora, dal 1987, con vari neuroscienziati e psicologi quali Jon Kabat-Zinn, Paul Ekman, Daniel Goleman, Richard Davidson, attraverso il Mind&Life Institute, sostenendo convegni e ricerche per esplorare l’influenza della meditazione di consapevolezza sulla mente, il comportamento, le funzioni cerebrali e la salute.
Iniziamo cercando di capire cosa si intende per pratica meditativa. Innanzitutto “pratica” significa una disciplina che va ripetuta regolarmente ogni giorno, per sempre. Non è, quindi, una tecnica da imparare velocemente, ma un lento cammino verso un cambiamento strutturale nel modo in cui percepire se stessi e la realtà.
Nel buddhismo meditazione significa “restare senza sforzo in ciò che è”. Si tratta di un processo di consapevolezza in cui riuscire a rimanere focalizzati sul “qui e ora”, il momento presente. Quindi imparare a non rimanere con l’attenzione nel momento passato o in quello futuro ma diventare consapevoli di dov’è in questo momento la nostra attenzione, per poi riportarla al momento presente.
Ci sono varie pratiche meditative, tutte con l’obiettivo di raggiungere uno stato d’animo vigile e assieme rilassato, uno stato mentale che ci porti in contatto con le nostre sensazioni, emozioni, il nostro corpo, senza rimanere invischiati in essi.
Una pratica di meditazione di consapevolezza è quella di rivolgere l’attenzione al proprio respiro, ascoltare l’aria che entra e che esce, sentire i piccoli movimenti del corpo ogni volta che inspiriamo e ogni volta che espiriamo. Divenire consapevoli dei pensieri che ci distolgono dal momento presente, accettarlo e tornare al “qui e ora”.
Veri studi stanno testimoniando che meditare regolarmente aiuta a liberarsi dallo stress, in quanto contribuisce a riequilibrare il cortisolo, l’ormone legato ad ansia e stress. Riportiamo i risultati dello studio , condotto dall’Università di Urbino, assieme all’Università Politecnica delle Marche e alla Società italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia (Sipnei), e che è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Explore, The Journal of Science and Healing.
“La ricerca ha preso in esame 125 adulti in buona salute, in prevalenza medici, psicologi e altri operatori sanitari che, negli ultimi cinque anni, hanno frequentato i corsi Pneimed“, scrive su Repubblica Salute Francesco Bottaccioli presidente Sipnei. “Tutte le persone sono state studiate all’inizio e alla fine del corso (che dura 30 ore in quattro giorni consecutivi) con Symptom Rating Test (SRT), un test psicologico validato, mentre a un sottogruppo è stata applicata anche l’analisi del cortisolo salivare (…). Chi aveva partecipato al corso aveva ridotto di tre volte il punteggio complessivo della sintomatologia psicologica (passando da 18 a 6) e aveva una minore produzione complessiva di cortisolo sia basale che sotto stimolo: insomma aveva imparato a essere più tranquillo e fiducioso di sé e a gestire meglio la reazione allo stress”.